>> Castello
Per diversi secoli, dall'inizio del Quattrocento, il ceto nobiliare della Sardegna ha svolto un ruolo importante in campo politico e sociale. Questo status sociale è ancora oggi testimoniato da palazzi e da ville costruite in epoche diverse, abitazioni che non si distinguono però per sfarzo e lussi, ma spesso solo per il portale sormontato da uno stemma, lo scalone in marmo, le eleganti finestre e ed elaborati balconi in ferro battuto, i fregi e festoni che adornano i prospetti. Date le modeste condizioni economiche dell'Isola, anche la nobiltà non godeva di grandi ricchezze.
All'inizio del sec. XIV il re d'Aragona Giacomo II creò il regno di Sardegna, strappando l'isola all'egemonia di Pisa; venne quindi instaurato un sistema feudale. Il sovrano, aiutato militarmente ed economicamente da nobili catalani, aragonesi e maiorchini, li compensò con la concessione di villaggi e terreni in feudo. Anche i Sardi che appoggiarono la spedizione catalana furono compensati con nobiltà e feudi.
Nel giugno del 1326 i pisani furono costretti ad abbandonare il Castello, la collina fortificata che domina su Stampace, la Pola e Villanova, abitate dai Sardi. I nobili catalani, maiorchini, valenzani e aragonesi si stabilirono sulle strade principali che attraversano il Castello in tutta la sua lunghezza: la via dei Marinai (l'attuale via Canelles), la via dei Mercanti (via la Marmora), la via Comunale (via dei Genovesi) e la via dell'Elefante (via corte d'Appello).
Le case pisane erano costituite da un piano terra in muratura con dei portici sui quali si aprivano le botteghe di commercianti e artigiani, e da uno o due piani superiori, con ballatoi in legno, dove abitavano. Questi edifici furono distrutti dagli incendi - terribile fu quello del 1388 - tuttavia la struttura urbanistica del Castello ricalca ancora oggi quella di periodo pisano.
Per circa un secolo i nobili catalano - aragonesi dovettero sostenere una lunga guerra contro il Giudicato d'Arborea, i Doria e i Malaspina, abitando nei loro castelli, come quelli di San Michele, presso Cagliari, di Quirra, nella costa orientale, di Sanluri; o risiedono in case-fortezza, come quella di Villasor.
Alla fine del Quattrocento, cessati i conflitti nell'isola, i feudatari si stabiliscono nella capitale, nella cittadella di Castello, sede del viceré e dell'apparato politico e amministrativo.
A Cagliari le testimonianze di architettura civile quattro - cinquecentesca sono rare: è possibile vedere esempi di finestre gotico - catalane in alcuni palazzi della via La Marmora o della via dei Genovesi.
Nel secolo XVI emergono alcuni gruppi familiari: gli Aymerich, i Brondo, gli Zapata; queste famiglie di uomini intraprendenti e abili nel commercio dispongono di denaro contante e concedono prestiti alla Corona. Ben presto la stessa nobiltà feudale non disdegna di imparentarsi con queste famiglie emergenti. In breve tempo i nuovi nobili accrescono i loro titoli nobiliari, raggiungono una posizione di rilievo e la manifestano esteriormente.
Gli Aymerich sono gli unici a Cagliari ad avere una chiesa di famiglia, la Speranza, attigua alla Cattedrale, sulla cui facciata spicca il loro stemma inquartato, per particolare privilegio, con le insegne reali.
I Brondo, mercanti di origine maiorchina, nel giro di pochi decenni ottengono la nobiltà e i titoli di conti di Serramanna e marchese di Villacidro; agli inizi del XVII sec. Ristrutturano la vecchia casa che si affaccia sulla piazzetta la Marmora e, per supplire alla modestia architettonica dell'esterno, si fanno arrivare da Genova un imponente portale di marmo sul quale pongono il loro stemma. Edificano inoltre le chiese della Purissima e di Santa Croce e vi conservano le armi di famiglia.
Gli Zapata, arricchitisi maneggiando il denaro della città, edificano in via dei Genovesi (di fronte al portico Vivaldi) un palazzo rinascimentale (unico esempio in città) e, nello stesso stile, costruiscono una villa nel proprio feudo di Barumini, ancora esistente.
A parte quelli citati, non sono rimasti a Cagliari altri palazzi relativi a questo periodo degni di nota, nonostante in epoca spagnola la via dei Genovesi fosse chiamata "Calle de Los palacios". Questo fatto è da attribuire alle distruzioni e ai rimaneggiamenti, ma anche alla scarsità dei mezzi economici.
Tra i palazzi costruiti fra la fine del Seicento e gli inizi del Settecento possiamo ricordare quello dei Genovès, duchi di San Pietro (attuale Convitto Nazionale) in via Manno; quello del marchese Borro - Zatrillas, in via la Marmora, contrassegnato da due begli stemmi marmorei (uno nella facciata e l'altro nel vico I la Marmora), il palazzotto del marchese Bacalar di San Filippo, in via Martini (dove visse lo storico che ha dato il nome alla strada) caratterizzato dai bei balconi i n ferro battuto.
Nella prima metà del Settecento la Sardegna passò in mano ai Savoia. Dalle relazioni dei viceré e dei funzionari piemontesi emergono le modeste condizioni della nobiltà sarda e la semplicità delle loro abitazioni.
Nella seconda metà del Settecento i piemontesi sviluppano un piano di "rifiorimento" della Sardegna, dando un nuovo impulso all'imprenditorialità delle famiglie nobili. Aumenta quindi la disponibilità finanziaria che dà nuovo impulso all'attività edilizia.
Nel secolo XVIII si ha un rinnovamento dell'architettura per opera degli ingegneri militari piemontesi, che, inviati in Sardegna per rafforzare e migliorare le opere difensive, le torri e i bastioni, progettano anche edifici religiosi e civili introducendo lo stile barocco piemontese. Nella prima metà del settecento è costruito il collegio gesuitico di Santa Croce e sono ristrutturati l'ingresso e i saloni del Palazzo Reale.
Nella seconda metà del secolo l'ingegnere Saverio Belgrano progetta il palazzo dell'Università, il Seminario e ristruttura il palazzo Vico - Amat, oggi demolito, al lato del palazzo Reale.
Nel 1744 il barone Francesco Zapata fa costruire dal Belgrano un teatro attiguo a palazzo Brondo, totalmente in legno, dove si svolge la vita mondana della città.
Rientra nel gusto dello stile rococò piemontese la ristrutturazione del palazzotto comunale e la costruzione del palazzo del marchese Vivaldi Pasqua, prospiciente la piazza Carlo Alberto e la Cattedrale.
Più o meno allo stesso periodo appartengono altri palazzi caratterizzati al "piano nobile"da vistosi balconi in ferro battuto che poggiano su mensole curvilinee.
Tra il settecento e l'Ottocento vengono costruite diverse ville di campagna, spesso con funzioni di fattoria. Esse sorgono nei villaggi, come quella dei Casu a Suelli, dei Carcassona a Sardara, dei Sanjust - Catalàn a Teulada, dei Manca di Vallermosa in località Orri, presso Sarroch, dei Bonfante a Dolianova, del conte Nieddu a Pula, oppure sorgono nelle ville che si estendono fra Cagliari e Pirri come la villa del marchese Vivaldi in via San Giovanni, del conte Pollini alle falde del colle di San Michele, dei marchesi di'Arcais sulla collina del Monte Claro, nota come Villa Clara, che nella metà dell'ottocento viene ristrutturata in stile neoclassico.
Alla fine del secolo XVIII i Savoia, costretti dai francesi ad abbandonare Torino, si rifugiano per quindici anni a Cagliari, che accentua quindi il suo ruolo di capitale.
Nel 1835 Carlo Alberto abolisce il regime feudale, e, in conseguenza di ciò, negli anni seguenti i nobili espropriati dai loro feudi ricevono forti compensi in denaro e terreni in proprietà. Con i contanti di cui dispongono possono ristrutturare le loro case fatiscenti e costruirne nuove.
L'inizio di questa fase edilizia è rappresentato dal palazzo Boyl, costruito proprio all'ingresso del Castello, al lato del Bastione di Saint Remy Viene realizzato nel 1840 dal conte Carlo Pilo Boyl, ingegnere militare. I suoi modelli architettonici sono a Roma, tanto è vero che la porta Cristina e la porta dell'Arsenale, da lui progettate, si rifanno alle romane porta Angelica e porta di Piazza del Popolo. Il barocco piemontese è sostituito dallo stile neoclassico, le volute e le linee sinuose cedono il posto ai volumi massicci e squadrati. Nella costruzione del palazzo, l'architetto sfrutta la preesistente torre del Leone, costruita dai pisani agli inizi del XIV sec., e ne ripropone il forte geometrismo nell'ala sinistra del palazzo.
Tra i palazzi costruiti o ristrutturati dal Cima ricordiamo quello dei conti Lostia di Santa Sofia in via Canelles, e quelli numerosi di via la Marmora e di via dei Genovesi. Al di fuori del castello realizza due palazzi per i figli del barone Rossi, in via Mazzini e in Piazza Yenne.
Nella seconda metà dell'Ottocento opera a Cagliari l'ingegnere Edmondo Sanjust. A lui si deve il palazzo Sanjust, con facciata in piazza Indipendenza, e la ristrutturazione del vicino palazzo Amat in via la Marmora.
Tra gli altri palazzi del Castello si possono ricordare il palazzo Serra di santa Maria, edificato nel 1875 in via Canelles, di fronte all'Arcivescovado, (attualmente appartenente ad un ordine religioso), i palazzi tardo neo-classici Pruna - Barrago, in piazza Carlo Alberto, e Carboni - Boi, all'angolo tra la via santa Croce e la via San Giuseppe, il palazzo Atzeni - tedesco, in via Canelles, nella cui facciata sono presenti accenni allo stile Liberty.